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Oramai è certo che stiamo affrontando già dai primi anni 2000 un vero e proprio cambio di paradigma per quanto riguarda la percezione che le persone hanno dei brand e, soprattutto, le loro aspettative nei loro confronti: già all’inizio di questo secolo abbiamo assistito a una progressiva e sempre maggiore fluidità dei mercati, intersezioni di fisico e digitale, perdita di rilevanza e attendibilità delle tradizionali categorie psicografiche. In epoca post- Covid, poi, ci rendiamo conto di quanto ancora di più le persone riversino nei brand aspirazioni di auto-realizzazione e di rispecchiamento dei propri codici valoriali

Senza voler scendere nel complesso tema del purpose, è innegabile che le aziende oggi si trovano a competere in un contesto estremamente complesso, in cui le strategie di marketing e comunicazione non possono più essere costruite in modo logico, lineare e tradizionale e non possono prescindere da valutazioni che riguardano la dimensione inconsapevole e implicita del comportamento umano. 

“Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano” sosteneva infatti il famoso neuroscienziato Antonio Damasio, che ha avuto il merito di scardinare secoli di cosiddetto “snobismo corticale”, ovvero quel pregiudizio che ci ha sempre fatto credere che l’essere umano sia principalmente guidato dalla razionalità in ogni sua manifestazione, dimostrando come l’apporto delle emozioni e di ciò che avviene in maniera automatica e non razionale nel nostro cervello influisca fino al 95% sulle nostre attività quotidiane. E in quel 95% ci sono anche molte delle nostre scelte d’acquisto.

Indagare la dimensione emotiva diventa quindi fondamentale per poter definire strategie e tattiche efficaci, attendibili e durature.
Ed ecco che il marketer può ricorrere al Neuromarketing come strumento per avere tali risposte.

Il Neuromarketing nasce ufficialmente nel 2002, ma le sue radici affondano negli studi di neuroscienze e psicologia cognitiva dei decenni passati. Esso ci permette di comprendere come pensano e decidono i consumatori e quali sono le motivazioni profonde che favoriscono i loro comportamenti, creando nuovi modelli interpretativi che ripensano e migliorano le attività di marketing e di comunicazione delle imprese.

Attraverso l’utilizzo di strumentazioni come eyetracker, elettroencefalogramma, GSR e software di codifica delle microespressioni facciali, si possono dunque testare, e quindi rendere più efficaci, brand, siti ed e-commerce, campagne pubblicitarie, strumenti di vendita e packaging.

Inoltre, questa disciplina ci permette di affiancare efficacemente le tradizionali ricerche di mercato indagando le risposte implicite, le associazioni mentali e di comprendere come le persone recepiscono i messaggi di comunicazione dei brand.

È proprio sul branding, oltre che su tutti gli output di comunicazione che un’azienda può produrre, che il neuromarketing può dare un punto di vista innovativo ed efficace.

Il brand positioning, infatti, è il posizionamento della marca nella mente delle persone ed è quel passaggio fondamentale che ci permette di distinguerci dai competitor e di creare, nel tempo, dei veri e propri lovemark.


Quando ci sono incongruenze tra la percezione del Brand nella mente delle persone e quella desiderata e comunicata dall’azienda, si crea un disallineamento che rischia di rendere vani gli sforzi e gli investimenti in marketing.


È in quel caso che le metodologie del Neuromarketing possono aiutare a ridurre la distanza tra percepito e agito, così come a creare un’efficace identity per un nuovo brand.

Come lo fa? Testando con metodologie apposite (come ad esempio lo IAT) e strumentazioni le percezioni che le buyer personas hanno dei codici sensoriali, semantici e valoriali: logo, elementi grafici e di design, tono di voce utilizzato sui vari canali, fino ad arrivare all’esperienza in store o durante un evento aziendale. 

Avendo appurato che l’immagine di marca influenza fortemente il comportamento d’acquisto, è evidente come solo un approccio scientifico, strutturato, coerente e reiterato nel tempo possa garantire un allineamento tra le azioni di marketing dell’azienda e un corretto brand positioning.

E solo un approccio davvero che mette al centro le persone, non solo i clienti, può permetterci di affrontare efficacemente le grandi sfide che il marketing oggi si trova a fronteggiare.

 

Elena Sabattini, B Side – Neuromarketing Lab