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Raccontiamo sempre il marketing come una disciplina dinamica ed evolutiva, in quanto agisce su una relazione complessa di sistemi economici, sociali e politici che, per natura, sono in continuo cambiamento. Nel corso del tempo sono tante le definizioni, gli attributi e le etichette che sono state “incollate” alla parola marketing per definire e specificare al meglio una sua particolare declinazione, una sua nuova metodologia o una sua visione differente.

Ed ecco che sono così nate diverse definizioni e, allo stesso tempo, anche alcune contrapposizioni, non sempre del tutto giustificate, di pensiero e di azione all’interno del mondo del marketing, come per esempio:

  • marketing tradizionale e marketing non convenzionale
  • marketing online e marketing offline
  • marketing strategico e marketing operativo
  • marketing analitico e marketing creativo
  • digital marketing, neuromarketing, green marketing, funnel marketing ecc.

Potremmo continuare per diverso tempo ad elencare le varie sfumature e declinazioni che sono state concepite del concetto di marketing, noi stessi come Surf the Market ci definiamo come consulenti di marketing scientifico. Questo perché nella nostra metodologia, applichiamo il metodo scientifico al marketing, ma ci ricordiamo sempre a monte la definizione di marketing dei fondatori del marketing scientifico: «Dare soluzioni ai bisogni attraverso prodotti o servizi, in modo profittevole».

Tutto quello che viene dopo – la metodologia, gli strumenti, i processi, i canali o le azioni – sarà sempre una conseguenza e funzione di questo principio. Se ci occupiamo di marketing, il nostro obiettivo è ascoltare e comprendere i bisogni delle persone, per fornire loro delle soluzioni che, allo stesso tempo, creino anche il valore della profittabilità per l’azienda. Che lo facciamo in modo tradizionale o non convenzionale, nel mondo reale o nel mondo digitale, in un processo analitico o in un processo operativo, a guidarci a monte dobbiamo avere sempre i nostri principi cardine ben ancorati.

Osservando questa definizione ci rendiamo conto di come, in qualche modo, in tutta la sua semplicità, ci indichi cosa fa il marketing (fornire soluzioni ai bisogni), come lo fa (attraverso prodotti o servizi) e perché lo fa (creare profittabilità), ma poi non pone alcun limite a quelle che possono essere le declinazioni, le innovazioni o le specificazioni con le quali possiamo raggiungere uno stesso obiettivo nel rispetto di questo principio.

Partendo da questo concetto “tradizionale” è, quindi, più semplice avere un pensiero critico per analizzare e comprendere tutte le varie sfumature e visioni del marketing, anche le più distanti dalle nostre posizioni.

Tra le visioni di marketing più “chiacchierate” come innovative troviamo il marketing non convenzionale, o unconventional marketing, che per definizione si oppone a quello tradizionale. Con «marketing non convenzionale si indicano un insieme di strategie promozionali che, per far fronte alla perdita di potere di persuasione da parte del marketing tradizionale, fa uso di tecniche di comunicazione innovative per presentare i prodotti al pubblico in modo alternativo».  (Wikipedia)

Questa visione nasce come contraddizione valoriale e concettuale a quello che viene considerato il marketing tradizionale, inteso come quello della comunicazione e della pubblicità mainstream dei grandi brand; come una sorta di movimento di contrarietà, anticonformismo, innovazione ed alternativo.

Se già può risultare difficile definire il significato e il perimetro del marketing tradizionale, ancora più complesso è fare lo stesso per il marketing non convenzionale che per definizione è una negazione.

È anche questo un concetto estremamente dinamico, in quanto ciò che ha successo come non convenzionale oggi, potrà non esserlo domani, in quanto proprio in funzione del suo successo tenderà ripetersi, a standardizzarsi, e – infine – diventerà convenzionale.

Partendo proprio dalla sua definizione a monte, possiamo osservare come l’accento sia posto più sul piano della comunicazione rispetto alle tecniche innovative e non convenzionali di presentare un prodotto all’interno di una strategia promozionale. Anche in questo caso, però, dobbiamo sempre tenere in considerazione ciò che ci guida, la strategia di posizionamento; le tecniche, gli strumenti o i canali di comunicazioni saranno una naturale conseguenza.

Tra le tecniche più eccentriche, trasgressive e anticonformiste conosciute all’interno dell’unconventional marketing, troviamo l’ambush marketing.

Ma cos’è l’Ambush Marketing?

L’ambush marketing o “marketing d’imboscata” è l’associazione non autorizzata di un brand ad un evento mediatico, in quanto “imboscato” senza appartenere ufficialmente agli sponsor dell’evento. Molti definiscono questa anche come un’azione “parassitaria”, in quanto l’intenzione è di sfruttare la visibilità, la risonanza e la notorietà mediatica in modo illecito.

Abbiamo utilizzato il termine “illecito” perché in Italia, in previsione delle olimpiadi invernali Cortina-Milano del 2026, il concetto di ambush marketing o “marketing d’imboscata” è stato definito ai termini di Legge come: «Associazione abusiva dell’immagine, dei marchi o dei prodotti di un’impresa ad un evento di particolare risonanza mediatica, in assenza di rapporti di sponsorizzazione, licenza o simili con l’organizzatore dell’evento. In questo modo, l’impresa che pone in essere azioni di ambush marketing (cd. “ambusher”) si aggancia indebitamente all’evento per sfruttarne il richiamo mediatico, senza sopportarne i relativi oneri economici». (D.L. 16/2020 La nuova disciplina dell’ambush marketing).

Il fenomeno è noto soprattutto in ambito sportivo, anche se può avvenire in tutte le situazioni in cui vi sia uno sfruttamento abusivo della risonanza mediatica di un particolare evento o manifestazione. Nel regolamento sono state classificate diverse tipologie di ambush marketing:

  • il predatory ambushing, o ambush per associazione, che ricorre quando l’ambusher si presenta ingannevolmente come sponsor ufficiale dell’evento
  • il coat-tail ambushing, consistente nel richiamo indiretto all’evento tramite diverse strategie, come la distribuzione di gadget in occasione dell’evento o di biglietti omaggio per l’evento stesso
  • l’insurgent ambush, qualora, in occasione o in prossimità dell’evento, vengano realizzate iniziative di marketing a sorpresa
  • il “saturation ambush“, che consiste nell’intensificazione delle attività promozionali da parte dell’ ambusher, al fine di saturare tutti gli spazi pubblicitari lasciati liberi dallo sponsor ufficiale

Tra i casi storici più famosi di ambush marketing in letteratura troviamo gli esempi delle Olimpiadi del 1996, dove il brand Reebok era lo sponsor tecnico ufficiale dell’evento, ma Nike si prese tutta la visibilità fornendo le scarpe sportive a Ben Johnson, il più grande corridore del tempo che vinse 2 medaglie d’oro e scattò la foto con le medaglie e gli scarpini d’oro.

Oppure il caso di Sony che lanciò la nuova Playstation 3 con un evento a bordo di un battello sulla Senna, e durante l’evento apparve un altro battello della concorrenza che invece pubblicizzava la nuova Xbox 360 di Microsoft.

Al di là del livello più o meno innovativo e di non convenzionalità o di tutte le possibili conseguenze di tipologia legale, la prima domanda che dobbiamo prendere in considerazione quando valutiamo l’utilizzo di una tecnica di comunicazione e di promozione del nostro brand è: questa azione è allineate con la nostra strategia di posizionamento e con la nostra identità valoriale?

Come diciamo sempre, prima di tutto, abbiamo la strategia di posizionamento del brand, dopodiché a cascata di conseguenza discendono tutte le altre scelte strategiche, tattiche e operative, più o meno convenzionali.

Se anche tu hai un’idea non convenzionale per il tuo brand, non esitare a contattarci per una chiacchierata, il marketing scientifico è sempre al servizio di nuove idee.