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Le aziende devono mettersi in ascolto di quanto pensano i loro clienti o potenziali rispetto ai loro bisogni e motivazioni, all’offerta aziendale, al mercato e alle soluzioni alternative. In generale, sarebbe più corretto parlare di saper ascoltare tutti gli stakeholder che gravitano attorno all’ecosistema azienda, ivi compresi anche i collaboratori interni. 

Il rischio che si incorre se non si è disposti ad ascoltare la percezione dell’esterno comporta l’inevitabile aleggiare dei “secondo me…” all’interno delle sale riunioni. 

Il tutto si traduce in scelte prese esclusivamente sulla base di quanto si pensa internamente a livello direzionale o di primo management, risultando meno efficace ed efficiente, anche a livello economico. Per non parlare, poi, di decisioni che potrebbero non essere strategicamente coerenti con il posizionamento del brand.

Cosa ne sarebbe se avviassimo campagne che non hanno un focus corretto? Oppure se ci concentrassimo su qualche aspetto che non è così significativo per i nostri clienti? E soprattutto, ha senso per un’azienda impiegare le stesse energie indifferentemente per tutti i clienti?

Per far fronte ai “secondo me”, nei nostri progetti basati sulla metodologia che deriva dall’approccio scientifico al marketing, indaghiamo sia il percepito interno dell’azienda sia la percezione degli stakeholder: un metodo che ci accompagna nelle varie analisi del framework Surf the Market dove, dopo la prima fase di ipotesi interna, ci mettiamo in ascolto della Domanda per validare, approfondire e addirittura scoprire aspetti che un’azienda non conosceva o di cui non aveva piena consapevolezza.

Cosa emerge dall’analisi qualitativa?

I progetti sono strutturati in cicli che hanno un inizio e una fine nonostante prevedano reiterazioni consecutive, ma per le aziende la fase di analisi qualitativa, che consiste in interviste dirette a clienti e non solo (a seconda delle finalità del progetto), è un momento fondamentale che non dovrebbe mai mancare oppure dovrebbe essere scadenzato ciclicamente.

L’analisi qualitativa parte, dapprima, dalla selezione dei profili da ascoltare e questo avviene grazie ad un campionamento basato su specifici criteri che permettono di comporre un campione il più possibile rappresentativo del portafoglio clienti (o degli stakeholder interessati nel progetto).

Dopodiché, c’è la vera e propria somministrazione delle interviste. Questi confronti sono strutturati in modo tale da andare in profondità relativamente a quello che pensano gli interlocutori. 

Andare in profondità significa porsi come obiettivo indagare quattro aspetti principali:

  • le motivazioni, cosa spingono le persone e le aziende a compiere una determinata azione (un acquisto, piuttosto che abitudini quotidiane o scelte professionali, a seconda dall’ambito e dal contesto del progetto);
  • le variabili significative, cioè gli aspetti che prendono in considerazione gli intervistati quando devo valutare un determinato prodotto/servizio;
  • i concorrenti percepiti, il confronto porta a capire quali sono le alternative valutate dall’interlocutore per soddisfare lo stesso bisogno e questo permette di indagare qual è l’arena competitiva dei clienti o cluster di cui siamo in ascolto;
  • wording, risulta indispensabile capire il modo di esprimersi e di nominare le variabili da parte degli interlocutori. Sarà un elemento importante per una comunicazione coerente e in sintonia con il pubblico di interesse.

In questo passaggio, a venirci in aiuto è la maieutica: l’arte di estrarre, di fare emergere, di portare a coscienza, attraverso il dialogo, ciò che è già proprio della persona, la sua verità. 

E le interviste in profondità seguono lo stesso principio. 

Quali sono gli elementi caratterizzanti?

  • Porre domande aperte, non bisogna imboccare risposte o fare domande ad illusione d’alternativa;
  • Indagare le parole polisemiche, ovvero quei termini che hanno una molteplicità di significati (es. qualità, professionalità, servizio, cortesia). Sono delle trappole per il consulente. Se non vengono identificate diventano contenitori vuoti dentro i quali si proietterà il proprio significato;
  • Aderire a ciò che viene detto, senza interpretazioni e senza pregiudizi. La percezione è soggettiva, non possiamo essere noi (in primis in quanto consulenti, ma anche come persone) a definire se quanto sta dicendo l’interlocutore è giusto o sbagliato.

Accettare i dati che emergono

Da uno degli ultimi progetti che abbiamo affrontato, il quale prevedeva un panel molto ampio e diversificato di intervistati da contattare (ma non è così raro riscontrarlo in altri progetti), è emerso in maniera lampante la divergenza di pensiero tra molti interlocutori per via di motivazioni ed esigenze diverse, mentalità differenti dovute all’età, alla posizione geografica o al settore per esempio.


L’analisi qualitativa inserita a questo punto del Framework risulta molto utile per le aziende perché permette loro di acquisire direttamente consapevolezza rispetto a cosa pensano i loro clienti, qual è la loro percezione ed esperienza che ha vissuto con l’azienda o con i competitor. In generale, è il momento per conoscerli, per capire chi crede veramente nel brand o se ci sono diversi livelli di entusiasmo.

Nel momento della presentazione al titolare o alle prime linee dell’azienda di quanto emerge dalle interviste, bisogna essere disposti a sentirsi dire anche quello che non si vorrebbe. Non sempre può far piacere o risulta facile accettare le informazioni e i dati che emergono dai confronti che abbiamo con gli interlocutori dell’azienda. 

Però, la capacità dell’azienda di avviare un progetto di questo tipo e, quindi, di mettersi in ascolto del proprio mercato, consiste nel mettersi in discussione perché risulta di vitale importanza non solo per la sua sopravvivenza, ma anche per essere consci di come si è percepiti oltre le mura dell’azienda (o degli uffici del management).

Conclusioni

Tornando, quindi, alle domande iniziali che ci siamo posti, capiamo bene che è rischioso (in termini di effort e risultati) sbagliare il focus della comunicazione o delle attività in generale. È inoltre necessario, oltre che utile, capire a chi rivolgerci per trasmettere il massimo del valore che l’azienda riesce a creare e quante risorse ha senso dedicare ai diversi target. 

Immaginiamo che tutti vorremmo evitare di arrivare nella situazione in cui abbiamo investito molte energie senza aver ottenuto il risultato o l’obiettivo prefissato.

Questa è anche una delle differenze rispetto alle indagini di mercato. In queste tipologie di analisi si indagano i comportamenti delle persone ma non si sanno i motivi per i quali hanno compiuto quelle azioni o il perché si sono verificate determinate reazioni. 

Il posizionamento nel mercato che andiamo a definire al termine del framework Surf the Market è sì un’interpretazione di dati, ma che tiene conto di questi diversi momenti analitici che permettono di unire i puntini, in modo tale che i dati assumano un senso e siano scientificamente coerenti.

Come diciamo sempre, prima di tutto il marketing è saper ascoltare.