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Anche le regioni e i territori sono dei brand? Possiamo considerare la Puglia come Apple?  

Per rispondere a questa domanda è necessario capire, innanzitutto, che cos’è un brand. Riprendendo la definizione chiara e pragmatica di Kevin Clancy «il brand è ciò che sta nella mente dei consumatori». Il brand, quindi, non è un logo, non è un nome, non è un segno, non è quello che raccontiamo sulle pagine social, non è lo spot creativo di turno. Il brand non è la comunicazione (sì, mi tocca ribadirlo!).

Il centro di tutto è la mente del consumatore, la sua percezione. Il brand si costruisce lì.

Ma come si fa a inserire qualcosa nella mente delle persone? Sicuramente non con la creatività. 

Occorre un’attività di analisi, è necessario analizzare il percepito dei clienti con l’obiettivo di individuare quel concetto che rappresenta il punto su cui costruire la propria identità, la chiave per entrare nella testa delle persone, quell’argomentazione che soddisfa al tempo stesso tre requisiti: 

  • sostenibilità per l’azienda 
  • deve essere interessante per i clienti 
  • distintiva rispetto alla concorrenza.

Se dico New York, cosa ti viene in mente? Qual è l’immagine che vedi? E se dico Amsterdam?

Il brand è questo, ciò che si è sedimentato nella tua testa. Anche i territori, le regioni o le nazioni sono dei brand, perché nel nostro immaginario hanno una determinata posizione, richiamano determinate percezioni.

Quando scegliamo la destinazione per le nostre vacanze, non valutiamo tra le diverse alternative possibili quella più adatta ai nostri bisogni?  Quella più in linea con i nostri valori e le nostre aspettative? Quella che ci ha creato una percezione “migliore” rispetto a tutte le altre?

Il processo decisionale che seguiamo quando scegliamo una destinazione turistica per trascorrere le vacanze non è poi così diverso da quando scegliamo un cellulare.

È possibile, dunque, anche per i territori, le regioni o le nazioni individuare quell’unicità, quel Fattore X con il quale proporsi sul mercato per apparire diversi e preferibili rispetto alla concorrenza ed attrarre il pubblico più adatto.

Detto in altre parole: individuare quali tra le tante peculiarità (culturali, paesaggistiche ecc.) presenti su un territorio sono al tempo stesso interessanti per i clienti e distintive rispetto alle altre destinazioni. È questo che bisogna poi comunicare, è su questo che bisogna incentrare tutta la strategia di offerta.  

Detto questo, la domanda che sorge spontanea è la seguente: chi decide attualmente per un territorio, una regione o una nazione cosa comunicare? E sulla base di cosa?

Facciamo un passo indietro ed analizziamo il contesto di riferimento.

La pandemia ha notevolmente cambiato il nostro modo di viaggiare, il nostro modo di essere turisti. Secondo un’indagine effettuata da Altroconsumo, il 90% degli italiani ha deciso di trascorrere le vacanze 2021 in Italia.

Quali sono stati gli effetti di questa crescita del turismo nazionale?

Dal mio punto di vista, le regioni italiane si sono rese conto che non possono più limitarsi ad essere ricevitori passivi di turismo. Si sono accorte che possono diventare dei soggetti attivi, che possono ingaggiare e promuoversi verso i potenziali turisti. Hanno capito l’importanza della comunicazione, insomma.

I numerosi spot elaborati negli ultimi 6 mesi ne sono la dimostrazione. «Il Veneto è uno stato d’animo», «Liguria, di tutto di più» sono alcuni dei claim più gettonati.

C’è un articolo che elenca tutti i prodotti creativi elaborati in questi mesi dalle regioni per incentivare il turismo locale.

Dando uno sguardo a questa classifica, ho notato che il pattern comunicativo è quasi sempre lo stesso per i diversi spot: c’è un testimonial e una serie di riprese del territorio, il tutto condito da un insieme di stereotipi e luoghi comuni. L’unica a fare qualcosa in più a livello creativo è stata la Puglia con la sua “storia d’amore” tra due bambini.

A prescindere dalla creatività che può piacere oppure no, le vere domande sono: sono efficaci questi spot? Parlano al pubblico giusto? Chi ha deciso cosa comunicare? Sulla base di cosa? Ha vinto il secondo me più forte? Ha deciso l’agenzia di comunicazione in autonomia?

Quello su cui vorrei porre l’attenzione non è tanto il come comunichi, ma il cosa. Per arrivare a definire l’oggetto della comunicazione è necessaria, infatti, un’analisi sulle percezioni, come dicevamo all’inizio.

Bisogna capire quali tra i numerosi argomenti che può proporre un territorio sono interessanti per il pubblico e distintivi rispetto alla concorrenza. Può non piacerci come idea, ma questa è l’unica strada per diventare un brand.

C’è bisogno di più marketing negli enti del turismo, negli assessorati regionali, in tutte quelle sedi in cui si promuove il nostro territorio. Non possiamo lasciare l’identità di un luogo nelle mani del creativo di turno o, peggio ancora, nei «secondo me» di qualcuno.

L’identità è una promessa, una promessa che abbiamo l’obbligo di mantenere, verso noi stessi e verso chi, come territorio, decide di visitarci.