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Che cos’è il rebranding

Il rebranding è un processo che consiste nel ridisegnare un brand dandogli una nuova identità, una nuova personalità e un nuovo posizionamento, al fine di costruire un’immagine di esso totalmente nuova. 

L’obiettivo del rebranding, quindi, non è costruire un nuovo brand, ma è associare ad un brand esistente caratteristiche nuove, per far sì che possa competere in un mercato in continua evoluzione.

Il processo di rebranding impatta sul marketing a tutto tondo, non solo sulla comunicazione. Non basta inserire un nuovo font nel logo oppure un nuovo Pantone, non è neanche l’aggiunta di qualche pagina all’interno del sito web. Implica un profondo cambiamento che investe tutta l’azienda e il suo modo di raccontarsi, di produrre, di commercializzare prodotti.

Alcune correnti di pensiero ritengono che il rebranding debba essere un’azione correttiva, ovvero debba essere attivato solo se c’è la necessità di risolvere un problema di percezione o di reputazione. In ottica scientifica, invece, un processo di rebranding non deriva necessariamente da un evento negativo, anzi, è la naturale conseguenza di un’analisi dinamica che mostra scostamenti molto forti in una delle tre variabili del mercato: i bisogni della Domanda, il nostro modo di darvi soddisfazione, le dinamiche competitive. L’azienda stessa può aver visto delle evoluzioni nel suo modo di rispondere al mercato o nella sua mission, in seguito a cambiamenti direzionali oppure perché semplicemente l’identità progettata inizialmente inizia a stare stretta.

La strategia di marketing si aggiorna per adattarsi ai movimenti del mercato e lo stesso può fare l’identità di brand.

Quando il rebranding è una scelta corretta

Quando è corretto per un’azienda affrontare un processo di rebranding? Le motivazioni sono diverse e spesso riguardano processi complessi, accomunati da un unico obiettivo: cambiare la percezione del pubblico nei confronti del brand e dell’azienda. Ecco una lista di motivi che possono portare un’azienda sulla via del rebranding:

  • Il brand è obsoleto, perché l’Offerta o il business model si sono evoluti e l’identità passata non è più attuale.
  • L’azienda non ha mai avuto una brand identity definita, ma solo un insieme di associazioni poco legate tra loro. Può essere dovuto anche a errori nel posizionamento originale, per inadeguate ricerche di mercato o la scelta di un target sbagliato.
  • Il brand si è allargato attraverso una fusione o un’acquisizione.
  • L’azienda vuole aprirsi ad un nuovo mercato, targetizzando un pubblico diverso. È opportuno avviare un processo di rebranding soprattutto nel caso in cui la precedente identità abbia connotazioni negative all’interno del nuovo mercato, per ragioni culturali, linguistiche, religiose o sociali. Questa situazione si verifica spesso quando un brand nasce come locale, secondo le convenzioni di un Paese, e diventa globale.
  • L’insorgenza di una nuova tecnologia nel settore ha fatto emergere nuovi player nell’arena competitiva e chi non evolve rischia di essere lasciato indietro, rimanendo associato ad una visione arretrata nella percezione del pubblico.
  • Il vecchio posizionamento non è più distintivo e c’è il rischio di fondersi con la concorrenza.
  • Le attività di comunicazione lanciano messaggi confusi e incoerenti e, di conseguenza, non portano risultati.

Un processo di rebranding richiede all’azienda che lo affronta un’ingente quantità di risorse, non solo economiche. Ecco perché va affrontato solo se gli obiettivi aziendali sono chiari e condivisi.

Non può essere affrontato solo per la voglia di vedere una nuova identità visiva o per attirare l’attenzione, poiché genererebbe buzz a breve termine ma senza una solida strategia di marketing a sostenerlo non otterrebbe l’effetto sperato.

 

 

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