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Esistono infinite definizioni di brand. Una delle nostre preferite è quella di Kevin Clancy, uno dei fondatori del marketing scientifico: «Il brand è ciò che sta nella mente del consumatore». Nelle sale riunioni nascono brand statement bellissimi, creativi e d’effetto, che danno poi il via a slogan, campagne pubblicitarie, company profile e messaggi scritti sui packaging. Ecco, il brand non è quella cosa lì scritta sui post it e non è neanche il payoff scritto sotto il logo. Il brand è quello che i tuoi clienti pensano del tuo marchio, della tua azienda, del tuo prodotto. È quell’insieme di emozioni, pensieri, valutazioni che vengono alla loro mente ogni volta che vedono un tuo prodotto o che incontrano una tua comunicazione.

Ecco perché possiamo affermare che il posizionamento di brand non è una lotta per occupare uno scaffale fisico in un negozio o una pagina specifica all’interno di un eCommerce: l’arena competitiva è nella mente del cliente. Conoscere ciò che il cliente pensa è quindi fondamentale per costruire una strategia di branding coerente con le aspettative, che sia al tempo stesso sostenibile (da parte dell’offerta), significativa (per la domanda) e distintiva (rispetto alla concorrenza).

Il marketing non deve essere una cassa di risonanza per la comunicazione aziendale, ma deve avere prima di tutto una funzione di ascolto: deve raccogliere le percezioni di chi sta all’esterno e portare all’interno conoscenza delle aspettative e consapevolezza del posizionamento percepito, in modo da partire dal mercato per costruire il brand.
Le modalità di indagine della domanda sono moltissime e includono sia tipologie di analisi qualitative che quantitative. Entrambe hanno aspetti positivi ma anche alcune lacune, quindi la metodologia Surf prevede di utilizzarle in combinazione, una dopo l’altra. L’analisi qualitativa consente di andare molto in profondità su un piccolo campione di clienti, con strumenti come le interviste e i focus group, con l’obiettivo di far emergere spontaneamente da loro i diversi aspetti. L’analisi quantitativa, effettuata in seguito, non fa emergere nuovi spunti ma consente di indagare la rilevanza statistica degli aspetti emersi in precedenza su un campione molto più ampio.

Come conoscere il cliente? Ecco le 5 aree da analizzare

Le aree di indagine per conoscere il tuo cliente ed entrare nella sua mente sono cinque:

  1. Motivazioni: indagare i motivi sottostanti le scelte dei clienti. Comprendere quali sono le motivazioni che guidano i clienti è utile per poter strutturare una strategia, perché i clienti non comprano i tuoi prodotti: il prodotto è ciò che vendi ma non è ciò che il cliente compra. Il cliente compra la soddisfazione di un suo bisogno. In questa area di indagine è bene quindi indagare perché e per chi il cliente sceglie di acquistare il prodotto, il suo rapporto con il prodotto, la scelta di determinate caratteristiche associate al prodotto, le modalità e le occasioni di consumo.
  1. Significatività: come anticipato, la significatività si riferisce alla domanda e rappresenta la rilevanza delle diverse variabili nella valutazione di scelta o acquisto di un prodotto o servizio. In questa sezione devono emergere quindi tutti i criteri di scelta che il cliente utilizza per scegliere tra noi e i nostri concorrenti. Durante le interviste, la domanda «quando devi scegliere quale prodotto/servizio acquistare, quali aspetti prendi in considerazione?» viene ripetuta più volte, in formule diverse, come elemento di controllo ma anche per fare emergere più aspetti possibili. Il ranking dei bisogni è il fulcro della conoscenza del cliente!
  1. Sostenibilità: quest’area di indagine riguarda l’offerta, in quanto ha l’obiettivo di far emergere quali argomenti l’azienda può sostenere e quindi quali sono i fattori più sostenibili.  Attenzione però! I dati raccolti con l’analisi qualitativa e quantitativa possono presentare risultati considerevolmente positivi nei confronti dell’azienda da cui l’indagine viene somministrata. Questo avviene a causa di un bias di tipo psicologico, incontrollabile da parte delle persone, per il quale i clienti coinvolti tendono ad aumentare la valutazione del soggetto da cui l’indagine è somministrata. Per evitare di incorrere in questo errore statistico, nell’analisi qualitativa cerca di indagare maggiormente le mancanze e gli aspetti di miglioramento rispetto ai punti di forza, che emergeranno più spontaneamente. Nell’analisi quantitativa, invece, per escludere l’errore devi ridurre di un certo valore percentuale (es. -10%) le valutazioni relative alla tua azienda, mantenendo inalterate quelle relative ai competitor.
  1. Distintività: come dice il nome, quest’area di indagine ha lo scopo di indagare la concorrenza, ovvero le soluzioni che i clienti percepiscono come alternative all’azienda per la soddisfazione dello stesso bisogno. È bene sempre partire (almeno in analisi qualitativa) da una domanda molto ampia e generica, ad esempio “Acquisti questo prodotto anche da altri brand?” oppure “Quali alternative hai valutato per questo servizio?”. Solo in un secondo momento è possibile indagare competitor specifici, magari considerati più minacciosi. Questo perché, come già detto, la battaglia per il posizionamento si gioca nella mente del cliente. Le aziende tendono a considerare concorrenti i brand che offrono lo stesso prodotto o servizio, mentre i clienti si concentrano sulla soddisfazione del bisogno!
  1. Trend: nessuno ha la palla di cristallo, né noi, né tu, né i tuoi clienti. In ottica di pianificazione futura, però, è bene indagare anche i trend, ovvero la percezione dei clienti sui cambiamenti in atto nel mercato, nelle loro esigenze e nel modo di affrontare i nuovi bisogni. In questa area di indagine è utile, ad esempio, comprendere le modalità con cui stanno affrontando un cambiamento, ma anche capire se un certo comportamento è in atto da sempre oppure se le loro abitudini sono cambiate dopo un evento scatenante. È opportuno anche indagare l’impatto che un evento particolare può avere su un certo mercato, in modo da riuscire ad adattarsi nel periodo in corso e prevenire i danni in un eventuale evento futuro.

Quando l’indagine di analisi quantitativa è ben organizzata, è possibile filtrare i dati per ottenere dei profili di “utenti tipo” più predisposti di altri all’utilizzo o all’acquisto del prodotto. Conoscendo le caratteristiche di questi cluster di clienti è possibile costruire delle buyer personas non sulla base di ipotesi e brainstorming, ma grazie a dati reali raccolti nel mercato di riferimento. È così possibile adattare l’offerta dell’azienda e i messaggi legati all’identità del brand, mantenendo fisso il posizionamento.

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