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In Surf the Market ci occupiamo di Small Data. So a cosa stai pensando: in un’era digitale governata dai big data, in cui ogni giorno miliardi di dati vengono raccolti ed elaborati da complessi sistemi di Analytics, ha senso parlare di small data?

La risposta è indubbiamente sì. I big data studiano i grandi flussi e sono in grado di analizzare le dinamiche digitali da un punto di vista macro. Gli small data, invece, lavorano sulle percezioni: non riguardano le macchine, ma le persone. Quando parliamo di small data ci riferiamo alle scelte di consumo, le motivazioni, le preferenze, le abitudini e le esitazioni delle persone.

I big data, quindi, sono sicuramente uno strumento prezioso, ma possono essere compresi e contestualizzati solo grazie agli small data, perché non siano solo numeri ma possano essere trasformati in conoscenza per le decisioni quotidiane.

All’interno del nostro framework di lavoro, sono gli small data a guidare l’indagine sulla domanda. Quest’ultima ha inizio dopo la costruzione dell’ipotesi interna e prevede due fasi, guidate da metodologie e scopi differenti.

La prima fase di analisi è qualitativa e prevede, solitamente, una serie di interviste di profondità su un campione selezionato di clienti o potenziali clienti.

La seconda fase di analisi, invece, è quantitativa: grazie a ciò che è emerso dalle interviste, costruiamo un questionario da somministrare ad un campione di persone molto più ampio.

In questo articolo troverai qualche consiglio pratico sulla conduzione delle interviste per l’analisi qualitativa!

Analisi qualitativa: andare in profondità su un piccolo campione

L’analisi qualitativa è, per sua natura, finalizzata a raccogliere informazioni di qualità piuttosto che in quantità. Nel nostro framework l’analisi qualitativa ha un ruolo d’eccezione in quanto è il touchpoint esterno all’azienda che più ci consente di entrare in relazione con gli interlocutori per indagarne pensieri, motivazioni, soddisfazioni e malumori.

L’interlocutore dell’intervista può variare a seconda delle caratteristiche del progetto e del modello distributivo dell’azienda. Solitamente parliamo con gli agenti, i rivenditori e/o i clienti finali. Un’opzione non esclude l’altra: non è raro che un’analisi qualitativa preveda più fasi per indagare il percepito dei diversi stakeholder.

Ciò che è importante tenere a mente quando si costruisce uno script per l’analisi qualitativa è che le domande devono sempre essere molto aperte, ovvero devono dare la possibilità al rispondente di spaziare tra tutti i meandri della sua immaginazione. Senza questa accortezza, c’è il rischio di “imboccare” gli intervistati con una risposta preconfezionata, che di certo non porterebbe un valore aggiunto. Questo aspetto è fondamentale in quanto l’analisi qualitativa deve poter validare ipotesi già diffuse in azienda, ma deve anche far emergere spontaneamente aspetti che durante la costruzione dell’ipotesi interna non erano emersi.

Ecco qualche consiglio per condurre una buona analisi qualitativa:

  1. Poni attenzione al campionamento: intervistare le persone giuste è il primo passo per rendere efficace questa fase di analisi. Un campione è corretto non quando è equilibrato, ma quando è davvero rappresentativo del campione totale di clientela. Facciamo un esempio: se il tuo prodotto è venduto in tutta Italia ma gran parte della tua clientela è nel Nord-Est, nel definire il campionamento, dovrai tenere conto di questa polarizzazione geografica. Se scegliessi di intervistare lo stesso numero di persone residenti nel Nord e nel Sud Italia, il campione sarebbe equilibrato, ma non sarebbe rappresentativo della tua clientela. Lo stesso approccio deve essere utilizzato per tutti i criteri che segmentano il tuo parco clienti.
  2. Stendi uno script coerente: fare le domande giuste è l’unico modo per ottenere le risposte che ti servono davvero! Non sprecare il tempo prezioso che collaboratori e clienti ti dedicheranno: fai domande sulle loro motivazioni, su ciò che per loro è importante, sulla percezione del brand, sui competitor di bisogno. E non dimenticare di indagare anche i trend e i cambiamenti del settore! Ricorda che l’analisi qualitativa è uno strumento a beneficio dell’ufficio marketing: se il tuo obiettivo è ottenere informazioni utili ai fini del posizionamento di brand, anche in ottica di costruzione del questionario quantitativo, l’intervista non potrà limitarsi ad una classica customer satisfaction in cui si indagano punti di forza e debolezza dell’azienda.
  3. Segui il flusso della conversazione! È importante avere uno script definito perché ti consente di raccogliere tutte le informazioni necessarie per gli step di analisi successivi, ma per chi risponde la conversazione deve sembrare una chiacchierata tra amici, non un botta e risposta macchinoso che darebbe all’intervistato la sensazione di parlare con un robot. Ascolta il tuo interlocutore per adattare lo script alle risposte ed, eventualmente, evitare di porre domande a cui ha già risposto.
  4. Se ti è possibile, non fare le interviste da solo. Sarà comunque una sola persona a condurre la conversazione e a porre le domande, ma prestando attenzione alle parole (da pronunciare e da ascoltare), è forte il rischio di perdere i segnali legati alla comunicazione non verbale e paraverbale. Sorrisi, segni di agitazione, pause e occhi al cielo sono indicazioni importanti tanto quanto le parole, anzi, forse di più in quanto sono più naturali e spontanei!
  5. Attenzione al bias! Spesso le analisi quali-quantitative somministrate di persona (indipendentemente che siano effettuate dal vivo oppure telefonicamente) rischiano di presentare risultati considerevolmente positivi nei confronti dell’azienda, a causa di un bias di tipo psicologico a causa del quale i rispondenti tendono ad aumentare la valutazione del soggetto da cui l’intervista o il questionario sono somministrati, senza alcuna possibilità di controllo in quanto questa operazione avviene inconsciamente. Conoscendo questo fenomeno, cerca di agire preventivamente: poiché gli aspetti positivi emergeranno con facilità, calca maggiormente le domande relative ai bisogni non soddisfatti e alle aree di miglioramento.

Un’ultima osservazione riguarda l’aspetto, forse, più banale, ma di certo il più importante di tutti: l’atteggiamento da tenere durante le interviste. Se sorridi e ti mostri interessato a ciò che l’interlocutore sta raccontando, con ogni probabilità si aprirà di più e sarà onesto, trasparente, sincero. Entrare in empatia raccontando un piccolo aneddoto o facendo una battuta alleggerirà la tensione iniziale data dall’imbarazzo di parlare con un estraneo e la paura di dire qualcosa di sbagliato. Ciò non potrà che rendere il tempo dell’intervista più piacevole per entrambe le parti!

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